IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL VENETO Sezione terza ha pronunciato la presente ordinanza, sul ricorso numero di registro generale 499 del 2019, proposto da Telecom Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Enzo Robaldo, Pietro Ferraris, Linda Faccini, con domicilio digitale come da pec da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio Linda Faccini in Venezia-Mestre, via Cesare Battisti n. 2; Contro: Regione Veneto - Genio civile di Verona non costituito in giudizio; Regione del Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ezio Zanon, Emanuele Mio, con domicilio digitale come da pec da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ezio Zanon in Venezia, Cannaregio 23; Nei confronti: Consorzio di Bonifica Adige Po non costituito in giudizio; Per l'annullamento della nota del 12 marzo 2019, prot. 100127, comunicata in pari data, con cui la Regione Veneto, Genio civile di Verona, ha subordinato l'evasione dell'istanza presentata da Telecom in data 21 febbraio 2019 (pratica n. 9691/242) e tesa a conseguire il rinnovo della «concessione idraulica avente ad oggetto un fiancheggiamento telefonico del fiume Adige in Comune di Bussolengo» al pagamento di quanto asseritamente dovuto a titolo di canoni demaniali in forza dell'art. 10 della legge Reg. Veneto 14 dicembre 2018, n. 43 (doc. 9); di ogni atto presupposto, antecedente, consequenziale o comunque connesso, con particolare riferimento ad eventuali delibere o atti regolamentari regionali volti a disciplinare il richiesto canone demaniale, la sua entita' e/o la modalita' di riscossione; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione del Veneto; Relatore nella Camera di consiglio del giorno 12 giugno 2019 il dott. Claudio Rovis e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Considerato: che con l'epigrafato gravame Telecom Italia S.p.A. (in prosieguo anche Telecom) ha impugnato il provvedimento con il quale la Regione ha espressamente subordinato il rinnovo della «concessione idraulica avente ad oggetto un fiancheggiamento telefonico del fiume Adige in Comune di Bussolengo» al pagamento dei canoni demaniali dovuti in forza dell'art. 83, comma 4-sexies della legge regionale n. 11/2001, introdotto dall'art. 10, I comma della legge regionale 14 dicembre 2018, n. 43 (alla stregua del quale «in caso di occupazione di beni del demanio idrico per l'installazione e fornitura di reti e per l'esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, cosi' come per la installazione e gestione di sottoservizi e di impianti di sostegno di servizi fuori suolo, il soggetto richiedente e' tenuto al pagamento dei canoni nella misura stabilita dalla Giunta regionale ai sensi del comma 1, nonche' al versamento degli altri oneri previsti dalla normativa vigente in materia»); che parte ricorrente - che ritiene vessatoria l'imposizione di un canone per l'occupazione di beni del demanio idrico mediante cavi e strutture necessari per assicurare il pubblico servizio di cui al codice delle telecomunicazioni - ha dedotto l'illegittimita' costituzionale della predetta norma; che sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che la presente controversia coinvolge la verifica dell'azione autoritativa dell'amministrazione in ordine al rapporto concessori o (nella specie si contesta nell'an la debenza del canone), con la duplice conseguenza della non riconducibilita' della controversia alla giurisdizione ordinaria in materia di controversie «concernenti indennita', canoni ed altri corrispettivi» delle concessioni e della sussistenza della giurisdizione esclusiva amministrativa ai sensi dell'art. 133, I comma, lettera b) del c.p.a. (cfr. CdS, V, 22 giugno 2018 che - in riforma di Tribunale amministrativo regionale Veneto, III, 13 novembre 2017 che, in relazione ad una questione esattamente sovrapponibile a quella attuale aveva dichiarato il difetto di giurisdizione a favore dell'AGO - ha dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo); che il Collegio ritiene che la questione di costituzionalita' dell'art. 83, comma 4-sexies della legge regionale n. 11/2001 sia rilevante e non manifestamente infondata. Rilevante perche' la norma in esame, certamente applicabile alla fattispecie oggetto del giudizio, e' pacificamente impositiva del contestato onere economico, onere rispetto al quale la parte non potrebbe in alcun modo esimersi per ottenere la concessione di occupazione del bene demaniale; ne' la rilevanza della questione e' esclusa dalla natura cautelare del giudizio nell'ambito del quale la questione di costituzionalita' viene sollevata (cfr. CdS, VI, ordinanza 2 febbraio 2012 n. 592). E non manifestamente infondata alla stregua delle considerazioni che seguono e della breve ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale in subiecta materia; che ai sensi dell'art. 93, II comma del decreto legislativo n. 259/2003 - il codice delle telecomunicazioni e' un corpus normativo speciale che, ovviamente, prevale (in ragione sia della sua specialita' che della posteriorita') sulle disposizioni contenute nel decreto Bassanini (decreto legislativo n. 112/1998) che delega alle Regioni l'esercizio delle funzioni di polizia idraulica mediante atti permissivi dell'occupazione di aree a titolo oneroso ed obbliga contabilmente l'amministrazione regionale all'introito di un canone: sicche' le Regioni devono esercitare il predetto potere entro i limiti sanciti dal codice delle telecomunicazioni - e' fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di subordinare il rilascio dei titoli abilitativi per l'impianto di reti di telecomunicazioni a oneri diversi da quelli individuati dal legislatore statale ed estranei all'elencazione contenuta nello stesso art. 93. Laddove, in particolare, si tratti di eseguire interventi di installazione delle reti di TLC non e' consentito alle amministrazioni di esigere prestazioni patrimoniali diverse e aggiuntive rispetto al pagamento della TOSAP o del COSAP, fermo restando l'onere degli operatori di tenere gli enti interessati indenni dalle spese necessarie (sotto ogni profilo, anche della sicurezza) per la sistemazione delle aree pubbliche coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di ripristinare a regola d'arte le aree medesime nei tempi stabiliti dagli enti stessi (cfr., ex pluribus, CdS, III, 1° giugno 2016 n. 2335; Cass. civ., I, 3 settembre 2015 n. 17524; idem, 14 agosto 2014 n. 18004; idem, 30 giugno 2014 n. 14788; Tribunale amministrativo regionale l'Aquila, I, 25 giugno 2018 n. 254; Tribunale amministrativo regionale Toscana, I, 15 maggio 2018 n. 664; etc.); che, in effetti, l'art. 93, II comma cit. - come, peraltro, interpretato autenticamente, con efficacia retroattiva, dall'art. 12, III comma del decreto legislativo n. 33/2016 (alla stregua del quale gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica sono sottoposti unicamente alle tasse o ai canoni indicati nella menzionata disposizione) - e' espressione di un principio fondamentale dell'ordinamento di settore delle telecomunicazioni, in quanto persegue la finalita' di garantire a tutti gli operatori un trattamento uniforme e non discriminatorio, attraverso la previsione del divieto di porre a carico degli stessi ulteriori oneri o canoni, posto che, ove cio' non fosse, ogni singola Amministrazione dotata di potesta' impositiva potrebbe liberamente prevedere obblighi pecuniari a carico dei soggetti operanti sul proprio territorio, con il rischio di una ingiustificata discriminazione rispetto ad operatori di altre regioni, per i quali tali obblighi potrebbero non essere imposti (cfr. Cassazione civ., I, 10 gennaio 2017 n. 283 che richiama Corte costituzionale nn. 336/2005, 450/2006, 272/2010 e 47/2015, nonche' CdS n. 2335/2016 cit.): sicche', la finalita' della norma e' anche quella di «tutela della concorrenza», sub specie di garanzia di parita' di trattamento e di misure volte a non ostacolare l'ingresso di nuovi soggetti nel settore (cfr. TAR Veneto, III, 17 settembre 2018 n. 890). che, come anticipato, le suesposte considerazioni consentono di ritenere non manifestamente infondate le argomentazioni con cui Telecom ha invocato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 83, comma IV-sexies della legge regionale n. 11/2001 aggiunto dall'art. 10, I comma della legge regionale n. 43/2018 (che assente l'imposizione di oneri finanziari ulteriori e/o diversi rispetto a quelli tassativamente previsti dalla legge statale) per violazione degli art. 3 (l'imposizione, attuata dalla Regione Veneto, del pagamento di un canone per l'occupazione di beni del demanio idrico da parte di cavi e di strutture necessari per assicurare il pubblico servizio di cui al codice delle telecomunicazioni, pagamento che invece potrebbe, in ipotesi, non essere richiesto da altre Regioni, comporta una evidente disparita' di trattamento: cfr. la sentenza 28 dicembre 2006 n. 450 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittima una legge della Regione Valle d'Aosta che imponeva degli oneri agli operatori del settore telefonico osservando, in particolare, che «questa Corte, con la sentenza n. 336 del 2005, ha gia' avuto modo di affermare che l'art. 93 del decreto legislativo n. 259 del 2003, richiamato dal ricorrente quale norma interposta, costituisce «espressione di un principio fondamentale, in quanto persegue la finalita' di garantire a tutti gli operatori un trattamento uniforme e non discriminatorio, attraverso la previsione del divieto di porre, a carico degli stessi, oneri o canoni ...») e 117 (o ve il secondo comma attribuisce alla «potesta' legislativa esclusiva» dello Stato la materia «trasversale» della «tutela della concorrenza», mentre il terzo comma inserisce la materia «ordinamento della comunicazione» nell'ambito della «potesta' legislativa concorrente», in relazione a cui spetta comunque allo Stato la fissazione dei «principi fondamentali» tra i quali e', all'evidenza, quello fissato dal decreto legislativo n. 259/2003 che stabilisce quali possano essere gli oneri imposti ai soggetti esercenti il pubblico servizio di comunicazioni elettroniche: cfr. le sentenze della Corte costituzionale 27 luglio 2005 n. 336 e 28 dicembre 2006 n. 450 cit. che hanno espresso un orientamento ribadito con le sentenze 22 luglio 2010 n. 272 e 26 marzo 2015 n. 47); che, dunque, per le suesposte considerazioni appare rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma IV-sexies della legge n. 11/2001 in relazione agli articoli 3 e 117 della Costituzione; che, per l'effetto, vanno trasmessi alla Corte costituzionale gli atti del giudizio sospeso con ordinanza pronunciata in data odierna.